Sceneggiatura di
Sebastiano Privitera
soggetto e dialoghi di
Luigi Pirandello
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FADE IN:
1 EST. STAZIONE – TRAMONTO 1
Vista da un marciapiede intermedio. TRENO in sosta sul primo binario.
Titoli di testa su MUSICA ANNI ’20-’30.
2 EST. PIAZZALE STAZIONE – TRAMONTO 2
Campo lungo. Esterno di un BAR. Sul marciapiede, ai lati dell’ingresso, OTTO TAVOLINI con QUATTRO SEDIE ciascuno, alcuni occupati da CLIENTI. LAMPIONI spenti, più avanti rispetto ai tavolini.
Arriva un TAXI. Scendono il TASSISTA e l’AVVENTORE.
L’Avventore ha già un PACCO.Il tassista apre il portabagagli ed estrae altri PACCHI e PACCHETTI. L’avventore, aiutato dal tassista, cerca di sistemarseli freneticamente alle dita, sottobraccio e alle mani. Finita l’operazione si ricorda di non aver pagato il tassista, poggia alcuni pacchi a terra per estrarre il PORTAFOGLI. Paga il tassista che poi l’aiuta a risistemarsi i pacchi.
3 EST. STAZIONE – TRAMONTO 3
Scena 1. FISCHIETTO prolungato. Il treno si muove e parte.
Il passaggio dell’ultimo vagone a metà del primo marciapiede svela l’Avventore, sovraccarico di pacchi, inebetito a guardare il treno scorrergli davanti.
DISSOLVENZA
4 EST. STRADA CON NEGOZI – GIORNO 4
Poca GENTE in viavai. Alcune VETRINE. Davanti a una vetrina, l’UOMO di spalle vi guarda dentro. Zoomando, attraverso il riflesso s’intravede l’interno del NEGOZIO DI TESSUTI e un COMMESSO che incarta qualcosa. Riallargando il campo, il CLIENTE esce dal negozio, passa
dietro le spalle dell’Uomo che lo segue con lo sguardo fino a quando questi, giunto alla TRAVERSA, svolta.
DISSOLVENZA
5 INT. TRATTORIA – SERA 5
TAVOLI, sia vuoti che occupati da CLIENTI. A uno di essi è seduto l’Avventore intento a cenare.
DISSOLVENZA
6 INT. SALA ATTESA MEDICO – GIORNO 6
DIVANO di stoffa scura, SEGGIOLE imbottite, POLTRONCINE.
Pochi CLIENTI tra cui il PAZIENTE 1, seduto su una poltroncina, sguardo fisso sull’INDICE di una mano che gironzola su un BRACCIOLO, il PAZIENTE 2 e l’Uomo che fissa il Paziente 1.
DISSOLVENZA
7 EST. BAR – NOTTE 7
Dei tavolini ne sono rimasti solo due, TAVOLO 1 a destra e
TAVOLO 2 a sinistra dell’ingresso. I lampioni sono accesi. FRINIRE di grilli. Dal bar esce l’Avventore con in mano un BICCHIERE contenente una bibita e una CANNUCCIA. Va a sedersi al tavolo 2. Mescola la bibita. Da destra arriva l’Uomo, si ferma un attimo a guardare l’Avventore poi entra nel bar.
L’Avventore, intanto, ha iniziato a sorseggiare con la cannuccia, esce l’Uomo dal bar con un BICCHIERE simile a quello dell’Avventore, gli dà un’altra sbirciata e va a sedersi al tavolo 1, nella sedia più lontana. Sorseggia e riprende a osservare l’Avventore.
Tra un sorso e l’altro, l’Avventore alza lo sguardo pensieroso in lontananza, non si avvede dell’Uomo che l’osserva. Alternanza di primi piani con l’Uomo. Si allarga l’inquadratura e, allorché li comprende
entrambi, l’Uomo smette di sorseggiare e posa il bicchiere sul tavolo.
UOMO
Ah, lo volevo dire! Lei dunque
un uomo pacifico è… Ha
perduto il treno?
Sentendo l’Uomo, l’Avventore s’è rivolto verso di lui, smette di sorseggiare e posa il bicchiere a sua volta.
AVVENTORE
Per un minuto, sa? Arrivo alla
stazione, e me lo vedo scappare
davanti.
UOMO
Poteva corrergli dietro!
AVVENTORE
Già. È da ridere, lo so. Bastava,
santo Dio, che non avessi tutti
quegli impicci di pacchi,
pacchetti, pacchettini… Più
carico d’un somaro! Ma le donne –
commissioni… commissioni… –
non la finiscono più. Tre minuti,
creda, appena sceso di vettura,
per dispormi i nodini di tutti
quei pacchetti alle dita; due
pacchetti per ogni dito.
UOMO
Doveva esser bello! Sa che avrei
fatto io? Li avrei lasciati nella
vettura.
AVVENTORE
E mia moglie? Ah sì! E le mie
figliuole? E tutte le loro
amiche?
UOMO
Strillare! Mi ci sarei spassato
un mondo.
AVVENTORE
Perché lei forse non sa che cosa
diventano le donne in
villeggiatura!
UOMO
Ma sì che lo so. Appunto perché
lo so… Dicono tutte che non
avranno bisogno di niente.
AVVENTORE
Questo soltanto? Capaci anche di
sostenere che ci vanno per
risparmiare. Poi, appena arrivano
in un paesello qua dei dintorni,
più brutto è, più misero e
lercio, e più imbizzarriscono a
pararlo con tutte le loro
galanterie più vistose! Eh, le
donne, caro signore! Ma del resto
è la loro professione… – «Se tu
facessi una capatina in città,
caro! Avrei proprio bisogno di
questo… di quest’altro… e
potresti anche, se non ti secca
-caro, il «se non ti secca»- …
e poi, giacché ci sei, passando
di là…» – Ma come vuoi, cara
mia, che in tre ore ti sbrighi
tutte codeste faccende? – «Uh, ma
che dici? Prendendo una
vettura…» – Il guaio è che,
dovendo trattenermi tre ore sole,
sono venuto senza le chiavi di
casa.
UOMO
Oh bella! E perciò?
AVVENTORE
Ho lasciato tutto quel monte di
pacchi e pacchetti in deposito
alla stazione; me ne sono andato
a cenare in trattoria; poi, per
farmi svaporar la stizza, a
teatro. Si crepava dal caldo.
All’uscita, dico, che faccio?
Sono già le dodici; alle quattro
prendo il primo treno; per tre
orette di sonno, non vale la
spesa. E me ne sono venuto qua.
Questo caffè non chiude, è vero?
UOMO
Non chiude, nossignore. (Pausa) E
così ha lasciato tutti quei
pacchetti in deposito alla
stazione?
AVVENTORE
Perché me lo domanda? Non vi
stanno forse sicuri? Erano tutti
ben legati…
UOMO
No, no, non dico!
Pausa. Si alza col bicchiere in mano, va al tavolo dell’Avventore e, sedendosi nella sedia opposta alla sua, posa il proprio bicchiere.
Eh, ben legati, me l’immagino:
con quell’arte speciale che
mettono
Mentre le immagini vanno in DISSOLVENZA il dialogo tra l’Uomo e l’Avventore prosegue fuori campo sulle immagini di:
8 FLASHBACK EST. STRADA CON NEGOZI – GIORNO 8
Scena 4. Poca gente in viavai. Alcune vetrine. Davanti a una vetrina, l’Uomo di spalle vi guarda dentro.
Ruotando la mdp lungo il marciapiede, a circa 50 metri e seminascosta da un ALBERO, una DONNA osserva l’Uomo da lontano. E’ pallida, sciupata, vestita sciattamente di nero e con in testa un cappello logoro.
UOMO (F.C.)
i giovani di negozio
nell’involtare la roba venduta…
Che mani! Un bel foglio grande di
La MUSICA di sottofondo sale di volume fino a sopraffare i dialoghi.
carta doppia, rossa, levigata…
DISSOLVENZA
9 EST. BAR – NOTTE 9
La MUSICA torna in sottofondo.
UOMO
(cont.)
…Guardo il cliente o la cliente
che escono dalla bottega con
l’involto appeso al dito o in
mano o sotto il braccio… Li
seguo con gli occhi, finché non
li perdo di vista…
immaginando… – uh, quante cose
immagino! Lei non può farsene
un’idea…
Cupo, come a se stesso.
Ma mi serve. Mi serve questo.
AVVENTORE
Le serve? Scusi… che cosa?
UOMO
Attaccarmi così – dico con
l’immaginazione – alla vita. Come
un rampicante attorno alle sbarre
d’una cancellata…
Mentre le immagini vanno in DISSOLVENZA il dialogo tra l’Uomo e l’Avventore prosegue fuori campo sulle immagini di:
10 FLASHBACK EST. STRADA CON NEGOZI – GIORNO 10
Scena 4. Poca gente in viavai. Alcune vetrine. Davanti a una vetrina, l’Uomo di spalle vi guarda dentro.
Il Cliente esce dal negozio, passa dietro le spalle dell’Uomo che lo segue con lo sguardo fino a quando questi, giunto alla traversa, svolta.
11 EST. STRADA – GIORNO 11
Il Cliente, visto di fronte, che ha appena svoltato.
Raggiunge e supera la mdp che lo segue di spalle finché non entra in un PORTONE.
12 INT. SCALA PALAZZO – GIORNO 12
Il Cliente che sale la SCALA visto dal pianerottolo più alto. Appena lo raggiunge, estrae di tasca le CHIAVI, le introduce nella serratura di una PORTA e l’apre.
13 INT. CASA – GIORNO 13
PANORAMICA SU SALA DA PRANZO ARREDATA IN STILE.
UOMO (F.C.)
Ah, non lasciarla mai posare un
momento l’immaginazione: –
aderire, aderire con essa,
continuamente, alla vita degli
altri… – ma non della gente che
conosco. No, no. A quella non
potrei! Ne provo un fastidio, se
sapesse, una nausea. Alla vita
degli estranei, intorno ai quali
la mia immaginazione può lavorare
liberamente, ma non a capriccio,
anzi tenendo conto delle minime
apparenze scoperte in questo e in
quello. E sapesse quanto e come
lavora! fino a quanto riesco ad
addentrarmi! Vedo la casa di
questo e di quello; ci vivo; mi
ci sento proprio, fino ad
avvertire… sa quel particolare
alito che cova in ogni casa?
nella sua, nella mia…
DISSOLVENZA
14 EST. BAR – NOTTE 14
UOMO
(cont.)
Ma nella nostra, noi, non
l’avvertiamo più, perché è
l’alito stesso della nostra vita,
mi spiego?… Eh, vedo che lei
dice di sì…
AVVENTORE
Sì, perché… dico, deve essere
un bel piacere codesto che lei
prova, immaginando tante cose…
Con fastidio, dopo averci pensato un po’.
UOMO
Piacere? Io?
AVVENTORE
Già… mi figuro…
UOMO
Mi dica un po’. È stato mai a
consulto da qualche medico bravo?
Mentre le immagini vanno in DISSOLVENZA il dialogo tra l’Uomo e l’Avventore prosegue fuori campo sulle immagini di:
15 FLASHBACK INT. SALA ATTESA MEDICO – GIORNO 15
Primo piano su dito del Paziente 1, seduto su una poltroncina, sguardo fisso sull’indice di una mano che gironzola su un bracciolo.
Si allarga l’inquadratura fino a comprendere la PORTA dello studio del Medico dalla quale esce il PAZIENTE 2.
Il Paziente 1 si alza, il Paziente 2 gli passa davanti, il Paziente 1 entra nello studio e chiude la porta. L’Uomo ha seguito tutta la scena senza perdersi un’azione.
La mdp stacca e inquadra un OROLOGIO appeso alla parete.
Le LANCETTE si muovono per indicare il passaggio di oltre mezz’ora.
Nuova inquadratura della porta dello studio, che si apre.
Esce il Paziente 1, attraversa la sala. Primo piano sulla poltroncina vuota.
AVVENTORE (F.C.)
Io no, perché? Non sono mica
malato!
UOMO (F.C.)
Non s’allarmi! Glielo domando per
sapere se ha mai veduto in casa
di questi medici bravi la sala
dove i clienti stanno ad
aspettare il loro turno per
essere visitati.
AVVENTORE (F.C.)
Ah, sì. Mi toccò una volta
d’accompagnare una mia figliuola
che soffriva di nervi.
UOMO (F.C.)
Bene. Non voglio sapere. Dico,
quelle sale… (Pausa) Ci ha
fatto attenzione? Divano di
stoffa scura, di foggia antica…
quelle seggiole imbottite, spesso
scompagne… quelle
La MUSICA di sottofondo sale di volume fino a sopraffare i dialoghi.
poltroncine… È roba comprata di
DISSOLVENZA
16 EST. BAR – NOTTE 16
La MUSICA torna in sottofondo.
UOMO
(cont.)
…Ma che dicevamo? Ah, già… il
piacere dell’immaginazione. – Chi
sa perché, ho pensato subito a
una seggiola di queste sale di
medici, dove i clienti stanno in
attesa del consulto!
AVVENTORE
Già… veramente…
UOMO
Non vede la relazione? Neanche
io… Ma è che certi richiami
d’immagini, tra loro lontane,
sono così particolari a ciascuno
di noi; e determinati da ragioni
ed esperienze così singolari, che
l’uno non intenderebbe più
l’altro se, parlando, non ci
vietassimo di farne uso. Niente
di più illogico, spesso, di
queste analogie.
Silenzio. Rimane a riflettere. L’Avventore riprende a sorseggiare.
UOMO
…Ma la relazione, forse, può
esser questa, guardi: – Avrebbero
piacere quelle seggiole
d’immaginare chi sia il cliente
che viene a sedere su loro in
attesa del consulto? che male
covi dentro? dove andrà, che farà
dopo la visita? – Nessun piacere.
E così io: nessuno! Vengono tanti
clienti, ed esse sono là, povere
seggiole, per essere occupate.
Ebbene, è anche un’occupazione
simile la mia. Ora mi occupa
questo, ora quello. In questo
momento mi sta occupando lei, e
creda che non provo nessun
piacere del treno che ha perduto,
della famiglia che lo aspetta in
villeggiatura, di tutti i fastidi
che posso supporre in lei.
AVVENTORE
Uh, tanti, sa!
UOMO
Ringrazii Dio, se sono fastidi
soltanto… C’è chi ha di peggio,
caro signore…
Mentre le immagini vanno in DISSOLVENZA il dialogo tra l’Uomo e l’Avventore prosegue fuori campo sulle immagini di:
17 FLASHBACK EST. STRADA CON NEGOZI – GIORNO 17
Scena 4. Poca gente in viavai. Alcune vetrine. Davanti a una vetrina, l’Uomo di spalle vi guarda dentro.
Il Cliente esce dal negozio, passa dietro le spalle dell’Uomo che lo segue con lo sguardo fino a quando questi, giunto alla traversa, svolta.
L’Uomo s’incammina, la mdp stacca sulla Donna che, a sua volta, muove dietro l’Uomo, mantenendosi circospetta e a distanza. Ogni qualvolta l’Uomo si sofferma a guardare qualcosa o qualcuno, è lesta a fermarsi anche lei, pronta a celarsi quando l’Uomo scruta nella sua direzione.
UOMO (F.C.)
Io le dico che ho bisogno
d’attaccarmi con l’immaginazione
alla vita altrui, ma così, senza
piacere, senza punto
interessarmene, anzi… anzi…
per sentirne il fastidio, per
giudicarla sciocca e vana, la
vita, cosicché veramente non
debba importare a nessuno di
finirla. E questo è da dimostrare
bene, sa? con prove ed esempi
continui, a noi stessi,
implacabilmente. Perché, caro
signore, non sappiamo da che cosa
sia fatto, ma c’è, c’è, ce lo
sentiamo tutti qua, come
un’angoscia nella gola, il gusto
della vita, che non si soddisfa
mai, che non si può mai
soddisfare, perché la vita,
nell’atto stesso che la viviamo,
è così sempre ingorda di se
stessa, che non si lascia
assaporare. I1 sapore è nel
passato, che ci rimane vivo
dentro. I1 gusto della vita ci
viene di là, dai ricordi che ci
tengono legati.
DISSOLVENZA
18 EST. ANGOLO STRADA – NOTTE 18
La Donna vista di spalle che si sporge a spiare dietro l’angolo.
UOMO (F.C.)
Ma legati a che cosa? A questa
sciocchezza qua… a queste
noie… a tante stupide
illusioni… insulse
occupazioni… Sì, sì. Questa che
ora qua è una sciocchezza…
questa che ora qua è una noia…
e arrivo finanche a dire, questa
che ora è per noi una sventura,
una vera sventura… sissignori,
a distanza di quattro, cinque,
dieci anni, chi sa che sapore
acquisterà… che gusto, queste
lagrime… E la vita, perdio, al
solo pensiero di perderla…
specialmente quando si sa che è
questione di giorni… Ecco…
vede là? dico là, a quel
cantone…
La Donna si ritrae mostrando il volto spaventato
UOMO (F.C.)
vede quell’ombra di donna? –
19 EST. BAR – NOTTE 19
Tornando verso l’Avventore, senza sedersi.
UOMO
Ecco, s’è nascosta!
AVVENTORE
Come? Chi… chi era?…
UOMO
Non l’ha vista? S’è nascosta.
AVVENTORE
Una donna?
UOMO
Mia moglie, già.
Si siede.
AVVENTORE
Ah! la sua signora?
Pausa. S’è alterato. Sembra una tigre in gabbia
UOMO
Mi sorveglia da lontano. E mi
verrebbe, creda, d’andarla a
prendere a calci. Ma sarebbe
inutile. È come una di quelle
cagne sperdute, ostinate, che più
lei le prende a calci, e più le
si attaccano alle calcagna…
…Ciò che quella donna sta
soffrendo per me, lei non se lo
può immaginare. Non mangia, non
dorme più. Mi viene appresso,
giorno e notte, così, a distanza.
E si curasse almeno di
spolverarsi quella ciabatta che
tiene in capo, gli abiti. – Non
pare più una donna, ma uno
strofinaccio. Le si sono
impolverati per sempre anche i
capelli, qua sulle tempie; e ha
appena trentaquattro anni… Mi
fa una stizza, che lei non può
credere. Le salto addosso, certe
volte, le grido in faccia: –
Stupida! – scrollandola. Si
piglia tutto. Resta lì a
guardarmi con certi occhi… con
certi occhi che, le giuro, mi fan
venire qua alle dita una
selvaggia voglia di strozzarla.
Niente. Aspetta che mi allontani
per rimettersi a seguirmi a
distanza.
Si alza di scatto e indica il cantone.
Ecco, guardi… sporge di nuovo
il capo dal cantone.
AVVENTORE
Povera signora!
Mentre si risiede.
UOMO
Ma che povera signora!…
Vorrebbe, capisce? ch’io me ne
stessi a casa, quieto,
tranquillo, a coccolarmi in mezzo
a tutte le sue più amorose e
sviscerate cure; a godere
dell’ordine perfetto di tutte le
stanze, della lindura di tutti i
mobili, di quel silenzio di
specchio che c’era prima in casa
mia, misurato dal tic-tac della
pendola del salotto da pranzo. –
Questo vorrebbe!… Io domando
ora a lei, per farle intendere
l’assurdità… ma no, che dico
l’assurdità! la macabra ferocia
di questa pretesa, le domando se
crede possibile che le case
d’Avezzano, le case di Messina,
sapendo del terremoto che di lì a
poco le avrebbe sconquassate,
avrebbero potuto starsene
tranquille sotto la luna,
ordinate in fila lungo le strade
e le piazze, obbedienti al piano
regolatore della commissione
edilizia municipale. Case,
perdio, di pietra e travi, se ne
sarebbero scappate! Immagini i
cittadini di Avezzano, i
cittadini di Messina, spogliarsi
placidi placidi per mettersi a
letto, ripiegare gli abiti,
mettere le scarpe fuori
dell’uscio, e cacciandosi sotto
le coperte godere del candor
fresco delle lenzuola di bucato,
con la coscienza che fra poche
ore sarebbero morti. – Le sembra
possibile?
AVVENTORE
Ma forse la sua signora…
UOMO
Mi lasci dire!
Pausa, s’acquieta.
Se la morte, signor mio, fosse
come uno di quegli insetti
strani, schifosi, che qualcuno
inopinatamente ci scopre
addosso… Lei passa per via; un
altro passante, all’improvviso,
lo ferma e, cauto, con due dita
protese le dice: «Scusi,
permette? lei, egregio signore,
ci ha la morte addosso ». E con
quelle due dita protese, la
piglia e butta via… Sarebbe
magnifica! Ma la morte non è come
uno di questi insetti schifosi.
Tanti che passeggiano disinvolti
e alieni, forse ce l’hanno
addosso; nessuno la vede; ed essi
pensano quieti e tranquilli a ciò
che faranno domani e doman
l’altro.
Alzandosi come per andarsene.
Ora io, caro signore,
Lo sguardo è attratto dal lampione sito verso il cantone.
…ecco… venga qua…
Lo fa alzare e lo conduce sotto il lampione.
…qua sotto questo lampione…
venga… le faccio vedere una
cosa… Guardi, qua, sotto questo
baffo… qua, vede che bel tubero
violaceo? Sa come si chiama
questo? Ah, un nome dolcissimo…
più dolce d’una caramella: –
Epitelioma, si chiama. Pronunzii,
sentirà che dolcezza:
epitelioma… La morte, capisce?
è passata. M’ha ficcato questo
fiore in bocca, e m’ha detto: –
«Tientelo, caro: ripasserò fra
otto o dieci mesi!»… Ora mi
dica lei, se con questo fiore in
bocca, io me ne posso stare a
casa tranquillo e quieto, come
quella disgraziata vorrebbe. Le
grido: – Ah sì, e vuoi che ti
baci? – «Sì, baciami» – Ma sa che
ha fatto? Con uno spillo, l’altra
settimana, s’è fatto uno sgraffio
qua, sul labbro, e poi m’ha preso
la testa e mi voleva baciare…
baciare in bocca… Perché dice
che vuol morire con me. È pazza!
Con agitazione crescente.
A casa io non ci sto. Ho bisogno
di starmene dietro le vetrine
delle botteghe, io, ad ammirare
la bravura dei giovani di
negozio. Perché, lei capisce, se
mi si fa un momento di vuoto
dentro… lei lo capisce, posso
anche ammazzare come niente tutta
la vita in uno che non conosco…
cavare la rivoltella e ammazzare
uno che come lei, per disgrazia,
abbia perduto il treno…
Ride. L’avventore, spaventato, si ritrae e, lentamente ma senza abbandonare con lo sguardo atterrito l’Uomo, arretra fino a raggiungere il suo tavolo.
No no, non tema, caro signore: io
scherzo!… Me ne vado…
Ammazzerei me, se mai…
Pausa.
…Ma ci sono, di questi giorni,
certe buone albicocche… Come le
mangia lei? con tutta la buccia,
è vero? Si spaccano a metà; si
premono con due dita, per
lungo… come due labbra
succhiose… Ah, che delizia!
Ride ma con impaccio, sta tentando di sdrammatizzare senza, però, riuscirci. Pausa.
Mi ossequi la sua egregia signora
e anche le sue figliuole in
villeggiatura… Me le immagino
vestite di bianco e celeste, in
un bel prato verde in ombra…
(Pausa) E mi faccia un piacere,
domattina, quando arriverà. Mi
figuro che il paesello disterà un
poco dalla stazione. – All’alba,
lei può fare la strada a piedi. –
Il primo cespuglietto d’erba su
la proda. Ne conti i fili per me.
Quanti fili saranno, tanti giorni
ancora io vivrò.
Pausa. Sbottando a ridere.
Ma lo scelga bello grosso, mi
raccomando.
Risata.
Buona notte, caro signore.
S’avvia verso il cantone da dove era venuto, canticchiando a bocca chiusa un motivetto; ma, a un certo punto volta e scantona dalla parte opposta, seguito dallo sguardo dell’Avventore impietrito.
Appena sparito appare la Donna che si lancia dietro l’Uomo, sempre attenta a non farsi sorprendere mentre l’insegue. L’Avventore ha un sobbalzo quando la Donna gli passa davanti.
20 EST. STRADA STERRATA – ALBA 20
Strada sterrata che porta dalla Stazione al paesello.
Lungo i bordi s’incontrano ALBERI e CESPUGLI. L’Avventore la percorre sovraccarico dei suoi pacchi, pacchetti e pacchettini, pensieroso.
D’un tratto la sua attenzione è attirata da un CESPUGLIO D’ERBA abbastanza grosso. Si ferma, poggia tutti i pacchi per terra, allunga la mano verso il cespuglio ma si blocca prima di raggiungerlo.
Esita un po’ a fissarlo poi desiste. Ritira la mano, si ricarica del suo fardello e riprende il cammino.
TITOLI DI CODA
FADE OUT: